giovedì 22 marzo 2012

La gestione dei rifiuti in " Leonia "De le Le città invisibili "di Italo Calvino

Ambiente

La gestione dei rifiuti in “Leonia de “Le città invisibili” di Italo Calvino

Mentre stiamo tra discariche ed inceneritori
domenica 19 febbraio 2012 di Maria Angela Amato

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La gestione dei rifiuti nasce come un problema fondamentalmente identitario per ognuno di noi... Questa la lettura di Leonia de “Le città invisibili” di Italo calvino, da parte di Umberto Pagano: solo cestinando tutto ciò che possediamo e che non possiamo più "consumare" dimostriamo a noi stessi l’assenza di qualsiasi dipendenza da oggetti in sovrappiù "riaffermando la propria identità nel flusso dell’esistenza".
Nella città invisibile di Leonia "buttar via" tutto, e ricominciare ogni giorno con beni nuovi comporta una rinascita continua, essenziale alla vita, che ha profonde radici psicologiche, ma è anche funzionale alle esigenze del consumismo: il sistema economico per l’autoperpetuazione e per la crescita continua si giova della minimizzazione dei consumi e della massimizzazione degli scarti, dei rifiuti... “più che dalle cose che ogni giorno sono fabbricate vendute, comprate, l’opulenza di Leonia si misura dalle cose che ogni giorno sono buttate via per far posto alle nuove.”
Forse ben presto a Leonia e nelle altre città diverrà emergenza il problema della gestione dei rifiuti, dell’entropia: "Dove portino ogni giorno il loro carico gli spazzaturai nessuno se lo chiede: fuori della città, certo;”. La rappresentazione di tale storia, nella realtà, si replica con molte similarità anche in città meno invisibili! L’Italia è stata bacchettata dalla Commissione Europea con la procedura d’infrazione aperta nel 2007, per la gestione dei rifiuti in Campania. ma ha ottenuto, a partire da metà gennaio 2012, una proroga per altri sei mesi.
Intanto il 31 maggio del 2011 sul BUR della regione Campania (BURC) era stato pubblicato il piano rifiuti tanto a lungo atteso! Il D.lgs 152/06 e ss.mm.ii. “Norme in materia ambientale”, agli artt. 196 e 199 affida, infatti, alle Regioni la competenza per la predisposizione, adozione e aggiornamento dei Piani regionali di gestione dei Rifiuti. Ma scorrendolo si nota l’elevato numero d’inceneritori e di discariche previsti, infatti nella Dotazione impiantistica necessaria (da realizzare entro il 2012-2013) sono enumerati sia gli impianti di digestione anaerobica per una potenzialità complessiva di 440.000t/anno a cui destinare esclusivamente la FORSU (frazione organica di rifiuti solidi urbani intercettati in regione da operazioni di raccolta differenziata), sia 3 impianti di termovalorizzazione per una potenzialità complessiva di circa 790.000t/a di rifiuto residuale alla raccolta differenziata (e scarti delle filiere provinciali del riciclo di carta e plastica), i quali si aggiungerebbero a quello di Acerra già funzionante. Mappa dei termovalorizzatori in Italia aggiornata al febbraio 2010
È inoltre previsto un impianto di trattamento termico per i rifiuti tritovagliati in stoccaggio, infine gli impianti di discarica. Per la stima del fabbisogno di volume complessivo, necessario per il periodo 2011-2020, sono state ipotizzate due possibili situazioni: a) scenario “decido di non decidere”, quindi, in assenza dell’impiantistica prevista nell’attuale piano regionale gestione rifiuti urbani (PRGRU), si ha un contemporaneo incremento della raccolta differenziata, secondo le buone pratiche citate più volte, e fino a livelli del 50% già entro gennaio 2012; b) scenario di Piano, ovvero realizzazione dell’impiantistica prevista nell’attuale PRGRU secondo un cronoprogramma definito, contemporaneamente all’incremento della raccolta differenziata, sempre secondo le buone pratiche citate più volte, e sempre fino ai livelli del 50% già entro gennaio 2012. Nella situazione b) di piena realizzazione di quanto definito nel PRGRU, l’andamento della richiesta di volumi di discarica di cui disporre per la gestione del ciclo integrato dei rifiuti è riportata nella Figura (la 62) che segue:
Nella figura su riportata (la 63) sono indicati i dati relativi alla richiesta di volumi di discarica nel caso in cui la dotazione impiantistica non sia realizzata (ipotesi a) ). Dal confronto dei dati emerge che la mancata realizzazione degli impianti previsti, nei tempi indicati, comporterebbe una insostenibile richiesta di volumetria di discarica, con l’inevitabile deterioramento e riduzione della risorsa suolo. Quali le soluzioni alternative? Nella “gerarchia” stabilita dalle norme comunitarie (direttiva comunitaria 98/2008) delle priorità fra le modalità di gestione dei rifiuti, abbiamo prima di tutto la Prevenzione, quindi il riuso, il riciclaggio nelle varie forme, comprendendo anche il compostaggio, in seguito l’incenerimento con recupero di energia e infine, come ultima e inevitabile soluzione la “messa in discarica”. La prevenzione dei rifiuti è data da un insieme di politiche volte a dissuadere dalla produzione di materiali e manufatti a breve ciclo di vita, destinati a diventare scarti, rifiuti, senza alcuna possibilità di uso o riuso, il tutto si otterrebbe tramite penalizzazioni per i relativi produttori, o addirittura vietandone la produzione. I destinatari di tali misure possono essere le imprese, ma anche i comuni cittadini, le prime incentivate a ridurre a monte la produzione destinata a divenire rifiuto, gli ultimi a perseguire e facilitare il riuso dei prodotti acquistati. Occorre quindi infondere uno stimolo puramente "etico” ai cittadini, che possono anche essere incentivati, ad esempio, da una riduzione della TARSU ogni qualvolta si dimostri il ricorso al riuso. Utopia? L’attuale situazione è quella dell’incenerimento diffuso, con tentativi di perenne estensione numerica e geografica, che ha indotto l’Eurodeputato Andrea Zanoni, l’8 novembre 2011, in commissione Ambiente al Parlamento europeo, ad avanzare un’interrogazione alla Commissione europea sugli effetti dell’incenerimento di rifiuti sulle colture e sugli allevamenti nelle aree circostanti, chiedendo alla Direttrice EFSA uno studio: "sugli effetti delle particelle emesse da impianti altamente inquinanti come inceneritori e cementifici sulle colture dei campi agricoli limitrofi".
Secondo l’Eurodeputato "i rischi di contaminazione per le colture e le produzioni alimentari limitrofe sono evidenti e preoccupanti", pertanto ha ritenuto di chiedere anche alla Commissione europea "di stabilire rigorosi criteri di distanze che devono essere rispettate tra questi impianti e le aree coltivate". "il paradosso è che spesso si tratta di prodotti DOC, DOP e IGP, venduti quindi al consumatore finale come di qualità superiore".
L’Eurodeputato è preoccupato per le carenze normative che non disciplinano “fenomeni di vicinanza, quindi l’effetto cumulativo degli inquinanti emessi, la distanza dalle zone abitate e la loro collocazione all’interno di territori protetti”. Inoltre l’Associazione Medici per l’Ambiente – ISDE Italia fa presente che “d’accordo con le conclusioni della conferenza OMS Europa sullo smaltimento dei rifiuti (Roma 2007), … la segnalazione di effetti avversi nella vicinanza di discariche ed inceneritori dovrebbe ispirare a un approccio di precauzione a proposito della creazione di nuovi impianti”, tenuto conto che “la mancata dimostrazione di effetti a lungo termine non significa dimostrazione di rischio zero” e che “siamo in presenza di altri fattori di pressione ambientale sulla popolazione”, proprio all’interno della Pianura Padana… Inoltre si afferma come “la rigorosa applicazione del Principio di Precauzione porti al definitivo abbandono dell’incenerimento dei rifiuti….” Riportiamo anche il rapporto sulle Emissioni di Polveri Fini e Ultrafini da impianti di combustione (Piacenza 2010) che sintetizza i risultati dello studio commissionato da Federambiente al laboratorio LEAP, un Consorzio promosso e partecipato dal Politecnico di Milano, dal quale non emergono indicazioni di rischi particolari attribuibili alle Polveri Ultrafini provenienti dalla combustione dei rifiuti purché si tratti di impianti operanti con la migliore tecnologia disponibile.
Natale Belosi, dell’Ecoistituto di Faenza, è un esperto che ha redatto un testo di legge e lo sta promuovendo sul territorio della regione Emilia Romagna: una “Proposta di legge sul trattamento dei rifiuti in Emilia Romagna” che propone un radicale mutamento nella gestione dei rifiuti, conformemente alla direttiva comunitaria 98/2008 sulla gerarchia, mettendo quindi al primo posto la riduzione degli stessi e all’ultimo l’impiantistica per lo smaltimento. Dopo il “rassicurante” rapporto Moniter, quindi, abbiamo il segnale di quella che potrebbe divenire una confortante inversione di tendenza, spostando l’azione sulla riduzione complessiva della produzione di prodotti di scarto, per incentivarne il riuso e il riciclo, “penalizzando inoltre qualunque forma di smaltimento“. La proposta di legge è già stata approvata da diversi consigli comunali nella regione, e le amministrazioni locali, senza distinzione di posizione politica, ne stanno sostenendo l’iter propositivo. Gli obiettivi dell’iniziativa sono: • “massimizzare la riduzione dei rifiuti urbani, il riuso dei beni a fine vita, il loro riciclo, • minimizzare, tendendo a zero, lo smaltimento in discarica e l’incenerimento. Nello specifico, gli obiettivi percentuali fissati al 2020 sono: • produzione di rifiuti: – 30% • riuso: 10% del totale • riciclo: almeno 50% del totale • recupero di materia: almeno il 70% del totale. “
Con le buone pratiche introdotte dalla nuova normativa le previsioni, calcolate al 2020, confermano che servirà una capacità d’incenerimento complessiva per 172 mila tonnellate in tutta la regione, mentre oggi abbiamo 900 mila tonnellate. Avremo troppe crisi di identità per il fatto di non poter più buttare quasi nulla tra i rifiuti?

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