sabato 25 giugno 2011

Processo Marlane Marzotto rinviato, oggi manifestazione Tricom

di Giorgio Langella Da VicenzaPiù n. 216 in distribuzione da venerdì 24 giugno
 
Caduti sul lavoro e malattie professionali: una strage che viene "raccontata"dai media come fosse una cosa normale, come il pegno che bisogna pagare al progresso. Si discute, si polemizza, si lanciano ultimatum. La politica italiana è un susseguirsi di proclami, slogan, propaganda. Adesso è di moda litigare sui ministeri da spostare al nord, su chi sarà il leader del centrosinistra, sulle primarie. Sembra che si faccia di tutto per distogliere l'attenzione dei cittadini dai veri problemi che stanno distruggendo il paese.
Il lavoro prima di tutto. Un lavoro che manca, che viene pagato poco, che è precario. Che è insicuro in tutti i sensi. La sicurezza sul lavoro è uno dei temi che dovrebbe essere affrontato in maniera decisa e che, invece, viene lasciato alla cronaca. Alle condoglianze quando ci sono incidenti nei posti di lavoro. Alle promesse. Intanto, nei luoghi di lavoro, si continua a morire, si diventa invalidi, ci si ammala. È una strage che viene "raccontata" come fosse una cosa normale, come il pegno che bisogna pagare al progresso. Il costo che i lavoratori e le loro famiglie devono pagare per poter avere un salario. Ma l'insicurezza cronica nei luoghi di lavoro, non è inevitabile né frutto della fatalità. È parte integrante di un modello di sviluppo che ha come obiettivo il profitto di pochi. I dati sono impressionanti. Da inizio anno al 20 giugno 2011, ci sono stati 290 morti sul lavoro, che salgono a 568 considerando i lavoratori deceduti sulle strade e in itinere. Rispetto allo stesso periodo del 2010 si registra un incremento del 18,6%(1). Per quanto riguarda le malattie professionali i dati sono più difficili da trovare. Si scopre che le malattie professionali denunciate nel territorio nazionale sono state 26.787 nel 2005, 26.826 nel 2006, 28.856 nel 2007, 29.939 nel 2008, 34.646 nel 2009(2). Un crescendo drammatico. Per qualcuno queste sono solo statistiche, ma dietro i numeri ci sono persone, sacrifici, famiglie, vite, intelligenze. E tanta disperazione. Tutto questo viene nascosto, taciuto, sfumato. È meglio non sapere. E i morti sul lavoro o da malattia professionale diventano invisibili. Qui invece si vuole informare. Il 24 giugno, al tribunale di Paola, ci sarà l'udienza del processo "Marlane-Marzotto". Imputati di questo processo sono i massimi dirigenti (del passato e di oggi) della Marzotto e della Lanerossi. Vengono processati perché tra i poco più di mille operai che hanno lavorato nello stabilimento di Praia a Mare circa 50 sono morti di tumore e oltre 60 si sono ammalati(3). Una percentuale altissima, certamente anomala. Se si considera anche che una delle imputazioni è per disastro ambientale (visti i residui tossici delle lavorazioni e i veleni nascosti nelle immediate vicinanze dello stabilimento), siamo di fronte a qualcosa di talmente grande e serio che dovrebbe essere conosciuto da tutti i cittadini, in ogni parte d'Italia. E invece i mezzi di comunicazione non scrivono nulla, tacciono. Sono molto "prudenti". Del resto, quando si parla dei "potenti" è meglio usare la dovuta cautela. Il 24 giugno gli avvocati di parte civile chiederanno di trasformare l'imputazione per omicidio colposo in omicidio volontario. Lo fanno per evitare che il processo vada in prescrizione e che non si possa trovare nessun colpevole. Lo fanno perché non c'è nessuna differenza tra quanto è successo alla Marlane di Praia a Mare e alla Thyssen di Torino(4). Hanno ragione. La differenza tra i due casi è solo nel tempo che i lavoratori ci hanno messo a morire e nel numero dei morti. Ma le responsabilità sono le medesime. Sistemi di sicurezza inadeguati o inesistenti. E tutto perché qualcuno ha deciso che "si poteva rischiare" la vita dei lavoratori. Perché si è pensato che "non potesse succedere" quello che, poi, è avvenuto. Perché la sicurezza, forse, costava troppo. Il 25 giugno a Bassano ci sarà una manifestazione di protesta per la sentenza che ha assolto gli imputati del processo "Tricom" di Tezze. Assolti perché "il fatto non sussiste". Eppure in quella fabbrica c'era cromo esavalente. Eppure tracce di questo veleno sono state trovate nei corpi di chi è morto anche a distanza di anni. Eppure l'area della fabbrica e la falda acquifera sono inquinate e compromesse. Ma è stato sentenziato che i lavoratori sono morti perché fumavano e nessuno è colpevole. Il fatto non sussiste ... ma i morti sono reali, l'inquinamento è reale, l'avvelenamento da cromo esavalente è reale. Il 24 e il 25 giugno sono due giornate importanti. Si vedrà se esiste giustizia anche per chi muore nei posti di lavoro. Si vedrà se ci può essere speranza di avere più sicurezza nel lavoro. Perché serve poco vincere il referendum sul nucleare per salvaguardare la nostra salute se poi nei luoghi di lavoro si continua a morire per evidenti carenze di sicurezza.
 
(1) osservatorio indipendente di Bologna sulle morti per infortuni sul lavoro
(2) ISTAT
(3) Sono considerati i casi di lavoratori deceduti o ammalati interessati dal processo. I morti sono sicuramente molti di più.
(4) L'amministratore delegato della Thyssen, condannato a 16 anni e mezzo per omicidio volontario, è stato successivamente applaudito in un'assemblea della Confindustria.

Nessun commento:

Posta un commento