Marx, La forza_lavoro come merce
Dopo aver
fornito una definizione della forza-lavoro, Marx mette in evidenza le
condizioni in cui avviene l’incontro tra la forza-lavoro stessa ed il
capitalista.
K. Marx, Il capitale
Per forza-lavoro
o capacità di lavoro intendiamo l’insieme delle attitudini fisiche
e intellettuali che esistono nella corporeità, ossia nella personalità vivente
d’un uomo, e che egli mette in movimento ogni volta che produce valori d’uso di
qualsiasi genere.
Tuttavia,
affinché il possessore di denaro incontri sul mercato la forza-lavoro come merce
debbono essere soddisfatte diverse condizioni. In sé e per sé, lo scambio delle
merci non include altri rapporti di dipendenza fuori di quelli derivanti
dalla sua propria natura. Se si parte da questo presupposto, la forza-lavoro
come merce può apparire sul mercato soltanto in quanto e perché viene
offerta o venduta come merce dal proprio possessore, dalla
persona della quale essa è la forza lavoro. Affinché il possessore della
forza-lavoro la venda come merce, egli deve poterne disporre, quindi essere libero
proprietario della propria capacità di lavoro, della propria persona. Egli
si incontra sul mercato con il possessore di denaro e i due entrano in rapporto
reciproco come possessori di merci, di pari diritti, distinti solo per
essere l’uno compratore, l’altro venditore, persone dunque giuridicamente
eguali. La continuazione di questo rapporto esige che il proprietario della
forza-lavoro la venda sempre e soltanto per un tempo determinato; poiché
se la vende in blocco, una volta per tutte, vende se stesso, si trasforma da
libero in schiavo, da possessore di merce in merce. Il proprietario di
forza-lavoro, quale persona, deve riferirsi costantemente alla propria
forza-lavoro come a sua proprietà, quindi come a sua propria merce; e può farlo
solo in quanto la mette a disposizione del compratore ossia gliela lascia per
il consumo, sempre e soltanto, transitoriamente, per un periodo determinato di
tempo, e dunque, mediante l’alienazione di essa, non rinuncia alla sua
proprietà su di essa.
La seconda
condizione essenziale, affinché il possessore del denaro trovi la forza-lavoro
sul mercato come merce, è che il possessore di questa non abbia la
possibilità di vendere merci nelle quali si sia oggettivato il suo
lavoro, ma anzi, sia costretto a mettere in vendita, come merce, la
sua stessa forza-lavoro, che esiste soltanto nella sua corporeità
vivente.
Affinché
qualcuno venda merci distinte dalla propria forza-lavoro, deve, com’è
ovvio, possedere mezzi di produzione, p. es. materie prime, strumenti di
lavoro, ecc. Non può fare stivali senza cuoio. Inoltre, ha bisogno di mezzi
di sussistenza. Nessuno, neppure un musicista avvenirista, può campare dei
prodotti avvenire, quindi neppure di valori d’uso la cui produzione è ancora
incompleta; l’uomo è costretto ancora a consumare, giorno per giorno, prima di
produrre e mentre produce, come il primo giorno della sua comparsa sulla scena
della terra. Se i prodotti vengono prodotti come merci, debbono essere venduti
dopo essere stati prodotti e possono soddisfare i bisogni del produttore
soltanto dopo la vendita. Al tempo della produzione s’aggiunge il tempo
necessario per la vendita.
Dunque, per
trasformare il denaro in capitale il possessore di denaro deve
trovare sul mercato delle merci il lavoratore libero; libero nel
duplice senso che disponga della propria forza lavorativa come propria
merce, nella sua qualità di libera persona, e che, d’altra parte, non abbia da
vendere altre merci, che sia privo ed esente, libero di tutte le cose
necessarie per la realizzazione della sua forza-lavoro.
Per il
possessore di denaro, che trova il mercato del lavoro come sezione particolare
del mercato delle merci, non ha alcun interesse il problema del perché
quel libero lavoratore gli si presenti nella sfera della circolazione. E per il
momento non ha interesse neppure per noi. Noi teniamo fermo, sul piano teorico,
al dato di fatto, come fa il possessore di denaro sul piano pratico. Una cosa è
evidente, però. La natura non produce da una parte possessori di denaro o di
merci e dall’altra puri e semplici possessori della propria forza lavorativa.
Questo rapporto non è un rapporto risultante dalla storia naturale e
neppure un rapporto sociale che sia comune a tutti i periodi della
storia. Esso stesso è evidentemente il risultato d’uno svolgimento storico
precedente, il prodotto di molti rivolgimenti economici, del tramonto di tutta
una serie di formazioni piú antiche della produzione sociale.
[...]
Ormai
dobbiamo considerare piú da vicino quella merce peculiare che è la forza-lavoro.
Essa ha un valore, come tutte le altre merci. Come viene
determinato?
Il valore
della forza-lavoro, come quello di ogni altra merce, è determinato dal tempo
di lavoro necessario alla produzione e, quindi anche alla riproduzione, di
questo articolo specifico. In quanto valore, anche la forza-lavoro rappresenta
soltanto una quantità determinata di lavoro sociale medio oggettivato in
essa. La forza-lavoro esiste soltanto come attitudine naturale dell’individuo
vivente. Quindi la produzione di essa presuppone l’esistenza dell’individuo.
Data l’esistenza dell’individuo, la produzione della forza-lavoro consiste
nella riproduzione, ossia nella conservazione di esso. Per la propria
conservazione l’individuo vivente ha bisogno di una certa somma di mezzi di
sussistenza. Dunque il tempo di lavoro necessario per la produzione della
forza-lavoro si risolve nel tempo di lavoro necessario per la produzione di
quei mezzi di sussistenza; ossia. il valore della forza-lavoro è il valore
dei mezzi di sussistenza necessari per la conservazione del possessore
della forza-lavoro. Però, la forza-lavoro si realizza soltanto per mezzo della
sua estrinsecazione, si attua soltanto nel lavoro. Ma nell’attuazione
della forza-lavoro, nel lavoro, si ha dispendio di una certa quantità di
muscoli, nervi, cervello, ecc. umani, la quale deve a sua volta esser
reintegrata. Questo aumento d’uscita esige un aumento d’entrata. Se il
proprietario di forza-lavoro ha lavorato oggi, deve esser in grado di ripetere
domani lo stesso processo, nelle stesse condizioni di forza e salute. La somma
dei mezzi di sussistenza deve dunque essere sufficiente a conservare
l’individuo che lavora nella sua normale vita, come individuo che lavora. I
bisogni naturali, come nutrimento, vestiario, riscaldamento, alloggio ecc.,
sono differenti di volta in volta a seconda delle peculiarità climatiche e
delle altre peculiarità naturali dei vari paesi. D’altra parte, il volume
dei cosiddetti bisogni necessari, come pure il modo di soddisfarli, è
anch’esso un prodotto della storia, dipende quindi in gran parte dal
grado d’incivilimento di un paese e, fra l’altro, anche ed essenzialmente dalle
condizioni, quindi anche dalle abitudini e dalle esigenze fra le quali e con le
quali si è formata la classe dei liberi lavoratori. Dunque la determinazione
del valore della forza-lavoro, al contrario che per le altre merci, contiene un
elemento storico e morale. Ma per un determinato paese, in un determinato
periodo, il volume medio dei mezzi di sussistenza necessari, è dato.
Il
proprietario della forza-lavoro è mortale. Dunque, se la sua presenza sul
mercato dev’essere continuativa, come presuppone la trasformazione continuativa
del denaro in capitale, il venditore della forza-lavoro si deve perpetuare,
“come si perpetua ogni individuo vivente, con la procreazione”. Le
forze-lavoro sottratte al mercato dalla morte e dal logoramento debbono esser
continuamente reintegrate per lo meno con lo stesso numero di forze-lavoro
nuove. Dunque, la somma dei mezzi di sussistenza necessari alla produzione
della forza-lavoro include i mezzi di sussistenza delle forze di ricambio, cioè
dei figli dei lavoratori, in modo che questa razza di peculiari possessori di
merci si perpetui sul mercato.
K. Marx, Il capitale, Editori Riuniti,
Roma, 19645, l. I, pagg. 200-204
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