venerdì 13 aprile 2012

Michele Prospero sul finanziamento alla politica

Parlamento
di Michele Prospero
L'obiettivo reale della furibonda campagna contro i costi della politica lo ha esplicitato candidamente Pierluigi Battista che, al Tg3, ha evocato una Repubblica senza partiti e addirittura senza politica. Sono del resto molti i commentatori del Corriere della Sera che cavalcano con spregiudicatezza la dolce ebbrezza di una deriva populistica.
La rimozione dei partiti è invocata per spianare la strada a una gestione del potere affidata a componenti tecniche e imprenditoriali che operano oltre i partiti. Il sogno antico è quello di una democrazia aziendalista capace di togliere il disturbo dei partiti per lasciare alle forze economiche dominanti il pieno potere di legiferare. In discussione oggi, con il finanziamento pubblico, non è una spicciola questione monetaria, così urticante in tempi di risorse scarse, ma il fondamento stesso della democrazia moderna, vista come una forma storica di compromesso tra le immani potenze del mercato e le istanze residuali di eguaglianza dei cittadini.
Palese che la disparità eccessiva delle risorse economiche e mediatiche rende in sé distorta la competizione tra i partiti e affida al peso del denaro una sovranità reale rispetto alla evanescenza della singola espressione di consenso. Non esiste un voto eguale se non si garantiscono delle condizioni tendenzialmente equilibrate (nella disponibilità di risorse) tra gli attori. Nel ventennio berlusconiano, una gara elettorale regolare senza il finanziamento pubblico sarebbe stata del tutto disperata. Anche in tempi meno eccezionali, però, il nodo della castrazione dell'impatto che ha il possesso diseguale di beni (mediatici, economici) rimane aperto. Per questo bisogna guardare all'Europa, l'America è troppo lontana. Negli Stati Uniti solo chi rinuncia ai finanziamenti pubblici (che sono previsti anche lì, ma sono molto limitati e quindi poco appetibili) può rifarsi con i generosi soldi messi a disposizione dai voraci gruppi privati di pressione. Dopo la sentenza del 2010, la Corte suprema non pone più limiti alle dorate elargizioni dei ricchi che esercitano la loro splendida libertà di annegare nell'oro il candidato di più stretta fiducia. La corruzione diventa così legge, nel senso che i gruppi, le lobby, gli interessi più forti determinano come vogliono il contenuto effettivo della legge. Il processo legislativo risponde terribilmente alla parabola del denaro, i marginali non contano proprio. Il condizionamento economico delle decisioni in America è organico a un sistema edificato sul continuum molto scivoloso denaro-politica. Proprio in questo abbraccio mortale tra gli interessi privati ristretti e la legge risiede la fondazione teorica della necessità di un finanziamento pubblico della politica.
Dove manca un sostegno pubblico, chi foraggia i candidati decide anche la norma giuridica e la politica è in gran parte l'autolegislazione degli interessi economici più aggressivi. Il tragitto europeo è per fortuna diverso. L'autonomia della politica è preservata anche grazie all'adozione del contributo pubblico. Persino nell'Inghilterra dagli anni Trenta vige un peculiare finanziamento che va però solo all'opposizione di sua Maestà, ritenuta svantaggiata rispetto al partito di governo che controlla l'amministrazione pubblica e opera quindi in condizioni di privilegio competitivo. In un'Italia, dove i media agitano gli inquietanti spettri di una «partitopoli» per solleticare gli umori più regressivi, il proposito di togliere il finanziamento pubblico equivarrebbe di fatto a rendere strutturale il conflitto di interessi. Si avrebbe cioè un panorama pubblico desolante nel quale le fondazioni di imprenditori, tecnici, banchieri entrano nell'agone politico per ampliare l'influenza dell'azienda privata che ambisce a gestire direttamente gli affari generali. Al posto dei partiti che mediano tra i diversi interessi, e danno voce ai ceti più deboli, sorgerebbe un seguito personale-patrimoniale garantito da fedeltà oblique che solo il denaro mantiene nel tempo. Quando al partito subentra il denaro si determina una completa opacità di ogni orizzonte statuale. Per bloccare l'onda antipolitica, i partiti oggi giustamente scelgono la strada dell'autoriforma, non la delegano ai giudici (che scottanti problemi con escort, corruzioni, rapporti opachi con il denaro, inciampi con gli arbitrati, le consulenze, gli incarichi extragiudiziali, li hanno eccome in casa loro) o ai media vocianti che suonano il piffero per i grandi interessi economico-finanziari che vorrebbero una politica ancor più debole e sempre obbediente. Una filosofia della riforma del regime dei rimborsi elettorali dovrebbe muovere dall'idea di partito quale sede della rappresentanza sociale e costruttore di eguaglianza. I partiti hanno il diritto a un finanziamento non in quanto gestiscono le pubbliche risorse e pertanto, coprendo un servizio, meritano l'elargizione di sostegni in denaro. Questa è la giustificazione debole dei costi della politica. I partiti diventano delle agenzie di rango semiamministrativo cui, per una prestazione fornita, è dovuto un compenso che viene monitorato. I partiti però non sono delle strutture burocratiche che offrono un servizio alla società, ma sono la società stessa che organizza la propria differenza e impone confini, avanza pretese di identità. Bisogna perciò rovesciare l'ottica corrente: siamo agenzie iperregolate e quindi copriteci d'oro. E imporre l'altra veduta: siamo la società che organizza la sua parzialità e quindi ci spettano i fondi pubblici, sulla cui destinazione controllateci pure con la severità che credete.
da L'Unità, giovedì 12 Aprile 2012

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domenica 8 aprile 2012

Un'agnellina salva la sua mamma a poche ora dalla Pasqua

La storia di Matilda arriva dall’ENPA, che la racconta con un comunicato stampa che riportiamo integralmente.
A sole 24 ore dalla Pasqua, mentre centinaia di migliaia di agnelli e capretti di poche settimane di vita vengono sgozzati per finire sulle tavole degli italiani, in un mattatoio accade un piccolo miracolo.
“Salvata dal “braccio della morte”. All’ultimo minuto, proprio quando il suo destino sembrava ormai segnato. Non è la sceneggiatura di un “thriller”, ma una storia accaduta pochi giorni fa nel mattatoio di San Giovanni Valdarno (Arezzo). Una storia che ha per protagonisti una pecora, Matilda, e un’agnellina – sua figlia Maria – venuta al mondo un istante prima che sua madre fosse abbattuta.
Come moltissimi altri ovini (5,2 milioni solo nel 2011), Matilda era destinata ad essere sacrificata per imbandire la tavola della “festa”, in ossequio a una tradizione crudele e anacronistica. Trasportata al mattatoio dall’allevatore che l’aveva accudita solo per condannarla a morte, Matilda, ormai rassegnata alla propria fine, aspettava soltanto che il veterinario terminasse gli ultimi controlli di rito e concludesse la procedura. Ma proprio in quel momento estremo è venuta alla luce l’agnellina Maria, alla quale la sorte – con un inaspettato capovolgimento dei ruoli – aveva affidato il compito di salvare la madre.
Fortuna ha voluto che quel giorno nella struttura fosse di turno un’addetta sensibile e scrupolosa, la quale, accortasi del “lieto evento”, ha immediatamente informato dell’accaduto il veterinario. Ed ecco il colpo di scena: di fronte alla nascita della piccola, il dottore, che non ha avuto il cuore di mandare a morte la pecora, ha deciso di sospendere la macellazione. Per il momento, Maria è salva. C’era però da superare un altro ostacolo: madre e figlia dovevano essere restituite all’allevatore, con il concreto pericolo di trovarsi a varcare nuovamente, questa volta insieme, la soglia del mattatoio.
Ed è a questo punto che è entrato in scena il terzo protagonista della storia, il consigliere nazionale dell’Enpa e presidente della Sezione di San Giovanni Valdarno, Marco Innocenti Degli. Con una vera e propria corsa contro il tempo, Innocenti Degli si è precipitato dall’allevatore per raggiungere un accordo sulla liberazione dei due ovini. Il compito è stato più arduo del previsto poiché l’uomo di lasciare i due animali non voleva proprio sapere, ma il consigliere della Protezione Animali, non ha desistito, tenendo duro fino a quando non ha raggiunto l’obiettivo. E così, alla fine, madre e figlia hanno potuto lasciare l’allevamento.
Oggi Matilda e Maria vivono serenamente nel giardino di una volontaria dell’Enpa di San Giovanni Valdarno, che si prende cura di loro. Cresceranno insieme; per loro il mattatoio sarà soltanto un brutto ricordo. (6 aprile)”

martedì 3 aprile 2012

La manifestazione di sabato 31 a Milano ( Claudia Rancati circolo Antonio Gramsci Vicenza)

La manifestazione di sabato 31 a Milano.



La manifestazione di sabato 31 Marzo a Milano indetta dal Comitato No debito è andata molto bene.
30.000 persone in piazza che manifestavano per la prima volta chiaramente e senza ambiguità contro il Governo Monti, voluto da Napolitano, ed il dominio delle banche. Una folla determinata, che in una manifestazione svolta in modo intelligente, è riuscita a mettere in discussione il totem del debito, moderno idolo di oggi, condizione esistenziale imposta dalla politica ed in base alla quale tutto deve essere sacrificato (diritti, tutele, prospettive personali e collettive).
Noi siamo partiti con i pullman insieme all’USB, che era molto presente in tutto il corteo partito da Piazza Medaglie d’oro e giunto in Piazza Affari, sede della Borsa.
Oltre al Comitato No debito che apriva il corteo, c’erano i No Tav con una folta rappresentanza e poi, altri sindacati di base come la Cub, i ferrovieri di “Ancora in marcia”, lavoratori autoconvocati, gruppi di precari, anche molti immigrati, e poi la galassia di partiti e vari soggetti comunisti (i trotzkisti PCL, PdaC, Sinistra Critica, ed anche molte altre sigle).
Totalmente assente Sinistra e Libertà, un fatto che si commenta da solo.
Il partito era presente con un suo spezzone, al termine del corteo ha anche parlato Ferrero, oltre a Cremaschi, Perino dei No Tav ed altri. Ma l’impressione generale tra i compagni presenti è che si doveva fare ancora di più.
La manifestazione di sabato, infatti, è stata importante perchè ha riaperto uno spazio ed una prospettiva, e l'essere arrivati tutti insieme davanti alla Borsa dimostra la voglia di molti di riappropriarsi della democrazia che questo governo dei professori ci vuole togliere.
E’ servita a dimostrare nei fatti che vi è una opposizione politica e sociale nel Paese, composta da esperienze e sensibilità che sono diverse, ma che sono state in grado di unirsi in quella occasione importante, cogliendone tutti il significato.
Non era scontato che la manifestazione fosse così partecipata, perché l’azione devastante che sta compiendo il governo Monti, ha l’avallo di entrambi i poli (di centrodestra e di centrosinistra), l’appoggio dei media, e gli stessi vertici della Cgil stanno dimostrando molta timidezza persino nella difesa dell’art.18. Ma la giornata di sabato dimostra che nonostante la forte azione tesa a frammentare i lavoratori ed a normalizzare le lotte, le potenzialità ci sono ancora perché possa crescere alla base della società una opposizione plurale ed efficace.
Ora, più che mai, è necessario unirsi nella lotta a partire dai luoghi di lavoro, dalle scuole, dai territori.